COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI TRENTO 
                           Sezione quarta 
 
    La Commissione tributaria di primo  grado  di  Trento  -  sezione
quarta, composta dai signori: 
        dott. Dino Erlicher, Presidente; 
        dott. Giorgio Flaim, giudice relatore; 
        arch. Carlo Graziadei, giudice; 
ha pronunciato in data 4 dicembre 2014 la seguente ordinanza. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    Con reclamo ex. art. 17-bis  commi  1-7  decreto  legislativo  31
dicembre 1992, n. 546 (che nel prosieguo ha prodotto, in  virtu'  del
successivo comma 9, gli effetti del ricorso ex art. 18 stesso decreto
legislativo)  il  signor  Divina  Sergio  impugna  l'avviso  con  cui
l'Agenzia  delle  entrate  -  direzione  provinciale  di  Trento   ha
accertato, in relazione all'anno d'imposta 2008, una maggiore imposta
IRPEF di € 8.622,00, per effetto del disconoscimento della natura  di
«erogazioni liberali» - e  quindi  della  detraibilita'  dall'imposta
nella misura del 19%, ai sensi dell'art. 15, comma 1-bis decreto  del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (che, nel  testo
vigente all'epoca dei ratti, disponeva: «1-bis. Dall'imposta lorda si
detrae un importo pari al 19 per cento per le erogazioni liberali  in
denaro in  favore  dei  partiti  e  movimenti  politici  per  importi
compresi tra 100.000  e  200  milioni  di  lire  effettuate  mediante
versamento bancario o postale») - delle somme di  denaro  versate  in
quell'anno di imposta dal ricorrente, in favore del partito  politico
«Lega Nord», per un importo complessivo di € 45.379,00. 
    a)  In  via  preliminare  il  ricorrente  eccepisce  la  nullita'
dell'avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 7, comma 1,
ult. parte, legge 27 luglio 2000, n. 212 («Se nella motivazione si fa
riferimento ad un altro atto, questo deve  essere  allegato  all'atto
che lo richiama»),  stante  la  mancata  allegazione  ad  esso  della
segnalazione della direzione centrale dell'Agenzia  delle  entrate  e
dell'accertamento compiuto dalla procura della Repubblica  presso  il
tribunale di Forli', con conseguente difetto di motivazione. 
    b) Sempre in via preliminare il ricorrente eccepisce la  nullita'
dell'avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 12, commi 1
e 7, legge n. 212/2000 («l. Tutti gli accessi, ispezioni e  verifiche
fiscali nei locali destinati all'esercizio di attivita'  commerciali,
industriali, agricole, artistiche  o  professionali  sono  effettuati
sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo  sul  luogo.
Essi si svolgono, salvo  casi  eccezionali  e  urgenti  adeguatamente
documentati, durante l'orario ordinario di esercizio delle  attivita'
e con modalita' tali, da arrecare la minore turbativa possibile  allo
svolgimento delle attivita' stesse nonche' alle relazioni commerciali
o professionali del contribuente... 7. Nel rispetto del principio  di
cooperazione tra amministrazione e  contribuente,  dopo  il  rilascio
della copia del processo verbale  di  chiusura  delle  operazioni  da
parte degli organi di  controllo,  il  contribuente  puo'  comunicare
entro sessanta giorni osservazioni  e  richieste  che  sono  valutate
dagli uffici impositori. L'avviso di  accertamento  non  puo'  essere
emanato prima della scadenza del  predetto  termine,  salvo  casi  di
particolare  e  motivata  urgenza...»),  essendo  stati   omessi   la
redazione ed il successivo  rilascio  al  contribuente  del  processo
verbale di  chiusura  delle  operazioni  da  parte  degli  organi  di
controllo, con conseguente privazione del termine di sessanta  giorni
durante i quali  il  contribuente  puo'  esercitare  la  facolta'  di
presentare ai verificatori osservazioni e richieste. 
    c) Nel merito contesta l'assunto  dell'Ufficio,  secondo  cui  si
sarebbe costituito un rapporto sinallagmatico tra il partito politico
«Lega  Nord»  ed  il  ricorrente  in  forza  quale,  a  fronte  della
disponibilita' del partito di offrire al ricorrente  la  possibilita'
di essere candidato alle elezioni politiche del 13-14 aprile 2008, il
ricorrente aveva - con contratto di donazione  stipulato  in  data  7
marzo 2008, presso la sede  del  partito  politico  «Lega  Nord»,  in
Milano, via Bellerio  -  assunto  l'obbligo  di  donare  allo  stesso
partito, in caso di elezione, la somma complessiva di  €  145.000,00,
da versare  in  rate  mensili  consecutive  costanti  di  €  2.416,67
ciascuna,  nel  periodo  31  maggio  2008-30  aprile  2013,  con   la
pattuizione che i versamenti sarebbero cessati solo in caso di  morte
del donante. 
    Sostiene che comunque la detraibilita' dall'imposta, nella misura
del 19%, delle  somme,  per  complessivi  €  45.379,00,  versate  dal
ricorrente in favore del  partito  politico  «Lega  Nord»  nel  2008,
prescinde dalla natura di atto di liberalita' delle erogazioni;  cio'
grazie al disposto ex art. 11 comma 4-bis decreto-legge  28  dicembre
2013, n. 149, conv. con legge 21 febbraio 2014, n. 13,  secondo  cui:
«A  partire  dall'anno  di  imposta  2007  le  erogazioni  in  denaro
effettuate a  favore  di  partiti  politici,  esclusivamente  tramite
bonifico  bancario  o  postale  e  tracciabili  secondo  la   vigente
normativa antiriciclaggio, devono comunque considerarsi detraibili ai
sensi dell'art. 15, comma 1-bis, del testo unico di cui  decreto  del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917». 
    Costituendosi in giudizio, l'Ufficio resistente replica ai motivi
del ricorso nei termini che seguono. 
    ad a) Insta per il rigetto dell'eccezione preliminare di nullita'
dell'avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 7, comma 1,
ult. parte, legge  n.  212/2000  e  per  il  conseguente  difetto  di
motivazione, adducendo di aver  riprodotto  nell'atto  impositivo  il
contenuto   essenziale   delle   risultanze   istruttorie   e   delle
informazioni assunte in sede penale (il che, secondo la suprema Corte
- Cassazione 23 ottobre 2013, n. 24020; Cassazione 15 aprile 2013, n.
9032 - esclude l'onere  di  allegazione),  con  conseguente  adeguata
esplicazione delle ragioni di fatto  su  cui  si  fonda  la  pretesa,
tant'e' vero che il ricorrente ha dimostrato di aver ben compreso  il
contenuto    dell'atto    impositivo,    presentando    un    ricorso
particolarmente articolato. 
    a  b)  Chiede  il  rigetto  anche  dell'eccezione   di   nullita'
dell'avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 12, commi 1
e 7, legge n. 212/2000, asserendo che, alla  luce  del  piu'  recente
indirizzo giurisprudenziale (Cass. S.U. 20  luglio  2013,  n.  18184;
Cassazione 13 giugno 2014, n. 13588; Cassazione  5  aprile  2013,  n.
8399; Cassazione 2 aprile 2014, n. 7598),  nel  caso  in  esame,  non
essendo stati effettuati accessi, ispezioni e  verifiche  nei  locali
del contribuente,  non  era  necessaria  la  redazione  del  processo
verbale di chiusura delle indagini. 
    a c)  Nel  merito  allega  ulteriormente  che  di  solito,  oltre
all'atto  di  donazione,  il  candidato  ed  il  partito  Lega   Nord
stipulavano un accordo in  cui  si  affermava  espressamente  che  il
versamento  delle  somme  dal  candidato  al  partito   avveniva   in
correlazione con «le obbligazioni assunte dalla Lega  Nord»,  il  che
esclude in radice lo spirito  di  liberalita'  (inteso  come  mera  e
spontanea elargizione fine a se stessa) e la detraibilita'  ai  sensi
dell'art. 15, comma 1-bis, decreto legislativo n. 917/1986. 
    Nega l'applicabilita', in difetto del  carattere  di  liberalita'
dell'erogazione al partito, del disposto  ex  art.  11  comma  4-bis,
decreto-legge n. 149/2013: 
        in proposito rileva che la norma e' inserita in  un  articolo
la cui epigrafe recita: «detrazioni per  le  erogazioni  liberali  in
denaro a favore di partiti politici»; 
    inoltre sostiene che ricomprendere nella  sfera  di  applicazione
della norma de qua le erogazioni prive dello spirito  di  liberalita'
«porterebbe  a  conseguenze   del   tutto   irrazionali   in   quanto
significherebbe ammettere che legislatore... avrebbe  introdotto  una
sorta di sanatoria rispetto alle erogazioni non connotate da  spirito
di liberalita' (il che  si  tradurrebbe  un'evidente  violazione  dei
principi  di  eguaglianza,  capacita'  contributiva  e  certezza  del
diritto)». 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    Viene  sollevata   d'ufficio   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 11, comma 4-bis, decreto-legge  28  dicembre
2013, n. 149, conv. con legge 21 febbraio 2014,  n.  13  («A  partire
dall'anno di imposta 2007 le erogazioni in denaro effettuate a favore
di partiti  politici,  esclusivamente  tramite  bonifico  bancario  o
postale e tracciabili secondo la vigente  normativa  antiriciclaggio,
devono comunque considerarsi detraibili ai sensi dell'art. 15,  comma
1-bis, del testo  unico  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917»),  nella  parte  in  cui  -  in
violazione dell'art. 3, comma 1 e dell'art. 67 Cost.  -  consente  ai
membri del Parlamento di detrarre dall'imposta lorda sui  redditi  un
importo pari al 19 per cento per le erogazioni in denaro anche se non
liberali effettuate in favore di partiti  e  movimenti  politici  per
importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire (ossia tra 51,65 e
103.291,38 euro). 
Sulla rilevanza nel giudizio a quo 
    Il giudizio in corso non puo' essere  definito  indipendentemente
dalla   soluzione   della   suddetta   questione   di    legittimita'
costituzionale in quanto, applicando la norma oggetto dello scrutinio
richiesto, meriterebbe accoglimento il  ricorso  proposto  da  Divina
Sergio avverso l'avviso con cui l'Agenzia delle entrate  -  Direzione
provinciale di Trento ha accertato, in relazione  all'anno  d'imposta
2008, una maggiore imposta IRPEF di € 8.622,00. 
    Infatti l'Amministrazione finanziaria  disconosce  la  natura  di
«erogazioni  liberali»  ai  versamenti  in  denaro   effettuati   dal
ricorrente,  nel  2008,  durante  lo  svolgimento  del  suo   mandato
parlamentare, in favore del partito  politico  «Lega  Nord»,  per  un
importo complessivo di 45.379,00; 
    conseguentemente  nega,  in  riferimento  a  tale   importo,   la
detraibilita' dall'imposta, nella misura  del  19%,  che  l'art.  15,
comma 1-bis, decreto del  Presidente  della  Repubblica  22  dicembre
1986, n. 917 riserva solamente a  quelle  erogazioni  in  denaro  (in
favore dei partiti e movimenti  politici  per  importi  compresi  tra
100.000 e 200 milioni di lire) che siano «liberali». 
    Tuttavia la disposizione ex art. 11, comma  4-bis,  decreto-legge
n. 149/2013 (oggetto del richiesto scrutinio) ponendosi  in  evidente
rapporto  di  specialita'  con  l'art.  15,  comma  1,  decreto   del
Presidente  della  Repubblica  n.  917/1986,  consente,   a   partire
dall'anno di imposta 2007,  la  detraibilita'  prevista  quest'ultima
norma in riferimento alle erogazioni in denaro effettuate a favore di
partiti  politici  tramite  bonifico  bancario   o   postale,   senza
richiedere  che  i  versamenti  siano   avvenuti   per   spirito   di
liberalita'. 
    In   proposito    non    puo'    essere    condiviso    l'assunto
dell'Amministrazione finanziaria, secondo cui anche  il  disposto  ex
art.  11,  comma  4-bis,  decreto-legge  n.  149/2013   richiederebbe
carattere di  liberalita'  dell'erogazione  (in  favore  del  partito
politico); 
    infatti,   seguendo   questa   interpretazione,   la   norma   si
presenterebbe  del  tutto  superflua,  limitandosi  a   ribadire   il
contenuto  precettivo  dell'art.  15,  comma   1-bis,   decreto   del
Presidente della Repubblica n. 917/1986 (rimasto in vigore fino al 31
dicembre  2013,  secondo  la  previsione  ex  art.   14,   comma   5,
decreto-legge n. 149/2013), in evidente contrasto con la volonta' del
legislatore, il quale - come si evince chiaramente sia dalla mancanza
apposizione al sostantivo «erogazioni» dell'aggettivo «liberali», sia
dalla locuzione «devono comunque considerarsi detraibili» - invece ha
inteso estendere la sfera di applicazione (in origine  limitata  alle
«erogazioni  liberali»)  dell'art.  15,  comma  1-bis,  decreto   del
Presidente della Repubblica n. 917/1986; 
    inoltre il fatto, rilevato dall'Amministrazione finanziaria,  che
la norma ex art. 11,  comma  4-bis,  decreto-legge  n.  149/2013  sia
inserita in un articolo la cui epigrafe recita:  «detrazioni  per  le
erogazioni liberali in denaro a  favore  di  partiti  politici»,  non
sembra  rivestire   un   apprezzabile   valore   ermeneutico,   anche
considerando che quella norma e' frutto di una novella ad opera della
legge di conversione (legge n. 13/2014); 
    infine l'affermazione  dell'Ufficio,  secondo  cui  ricomprendere
nella sfera di applicazione della norma de qua  le  erogazioni  prive
dello spirito di liberalita'  «porterebbe  a  conseguenze  del  tutto
irrazionali in quanto significherebbe ammettere che il legislatore...
avrebbe introdotto una sorta di sanatoria  rispetto  alle  erogazioni
non connotate da spirito di liberalita' (il  che  si  tradurrebbe  in
un'evidente  violazione  dei  principi  di   eguaglianza,   capacita'
contributiva e certezza del diritto)»,  costituisce  una  valutazione
nomogenetica  (secondo  espressione  cara  ad  autorevole   dottrina)
inidonea a smentire i risultati dell'interpretazione  (potendo  pero'
assumere  rilievo  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza  della
questione di costituzionalita', su cui infra). 
    D'altra parte non sembra potersi dubitare dell'infondatezza delle
difese svolte dal contribuente: 
        a)  in  ordine  alla  nullita'  dell'avviso   impugnato   per
violazione del precetto ex art. 7, comma  1,  ult.  parte,  legge  27
luglio 2000, n. 212 e per difetto di motivazione. 
    Merita di essere condivisa la replica dell'Ufficio,  secondo  cui
la riproduzione nell'atto impositivo del contenuto  essenziale  delle
risultanze istruttorie e delle informazioni assunte  in  sede  penale
esclude l'onere di allegazione dell'atto richiamato (Cass. 23 ottobre
2013, n. 24020; Cassazione 15 aprile  2013,  n.  9032)  e  garantisce
un'adeguata esplicazione delle ragioni di fatto su cui  si  fonda  la
pretesa; 
        b)  in  ordine  alla  nullita'  dell'avviso   impugnato   per
violazione del precetto ex art. 12, commi 1 e 7, legge n. 212/2000. 
    Nel caso in esame non sono stati effettuati accessi, ispezioni  e
verifiche nei locali del contribuente, di talche', alla luce del piu'
recente indirizzo giurisprudenziale (Cass. S.U. 20  luglio  2013,  n.
18184; Cassazione 13 giugno 2014, n. 13588; Cassazione 5 aprile 2013,
n. 8399; Cassazione 2 aprile 2014, n. 7598), non  era  necessaria  la
redazione del processo verbale di chiusura delle indagini. 
        c) in ordine alla natura liberale delle erogazioni in  denaro
effettuate dal contribuente nel 2008 in favore del  partito  politico
«Lega Nord» (il che consentirebbe la detrazione  ex  art.  15,  comma
1-bis, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  917/1986  senza
dover ricorrere all'applicazione della norma ex art. 11, comma 4-bis,
decreto-legge n. 149/2013). 
    Appare incontestato che il ricorrente Divina Sergio ha  stipulato
con il partito politico «Lega Nord», presso la sede di quel  partito,
in Milano, via Bellerio,  in  data  7  marzo  2008,  ossia  in  epoca
prossima alla scadenza del termine per la presentazione  delle  liste
per le elezioni politiche del 13-14  aprile  2008,  un  contratto  di
donazione mediante il quale ha assunto, quale donatario, l'obbligo di
donare al partito politico  «Lega  Nord»  una  somma  di  denaro  per
complessivi € 145,000,00, da versarsi  in  rate  mensili  consecutive
costanti di € 2.416,67 ciascuna, nel periodo  31  maggio  2008  -  30
aprile  2013  (corrispondente  alla  durata  dell'eventuale   mandato
parlamentare, nel caso di elezione del contribuente); 
    Orbene, l'art. 771, comma 1 prescrive:  «La  donazione  non  puo'
comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende ben futuri,
e' nulla rispetto a questi...»; 
    dalla pattuizione, per cui il pagamento della somma donata doveva
avvenire in rate mensili costanti nell'arco di cinque anni (e  quindi
mediante  60  versamenti  frazionati),  si  evince   con   verosimile
plausibilita' che il denaro oggetto di  donazione  ed  effettivamente
versato non era presente nel patrimonio del donante  all'epoca  della
stipulazione del contratto; 
    e' vero  che  l'art.  772  cod.civ.  consente  la  «donazioni  di
prestazioni  periodiche»,   ma   la   dottrina   ritiene   che   tale
disposizione, dovendo essere interpretata in armonia con  il  divieto
di donazione di beni futuri ex art. 771  cod.civ.,  possa  riguardare
solamente le prestazioni alimentari e di soccorso. 
    Vi e'  pero'  un  ben  piu'  rilevante  elemento  che  impone  di
escludere,  contrariamente  all'apparenza,  che   il   contratto   di
donazione, stipulato dal contribuente con  il  partito  «Lega  Nord»,
abbia effettivamente natura di atto di liberalita': 
        e' noto che lo spirito di liberalita', il  quale  costituisce
un elemento essenziale della causa del contratto di  donazione  (art.
769 cod.civ.), consiste nella coscienza (da parte  del  donante)  di.
compiere (in favore del donatario) un'attribuzione patrimoniale nullo
iure cogente, vale a dire nella consapevolezza di attribuire ad altri
un vantaggio patrimoniale  senza  esservi  in  alcun  modo  costretti
(Cass. 5 dicembre 1998, n. 12325; Cassazione 11 marzo 1996, n. 2001); 
    nel caso in esame lo spirito  di  liberalita'  di  Divina  Sergio
(donante) verso il partito politico «Lega Nord»  (donatario)  trovava
fondamento nelle relazioni scaturenti  dall'adesione  del  Divina  ai
programmi  ed  agli  obiettivi  della  «Lega  Nord»,  nonche'   nella
condizione del primo  di  candidato  designato  dal  secondo  per  le
imminenti elezioni politiche del 13-14  aprile  2008  e,  quindi,  di
(possibile) futuro parlamentare in rappresentanza di quel partito; 
    risulta, quindi, evidente che, se questi erano i fondamenti dello
spirito di liberalita' che animava  Divina  verso  il  partito  «Lega
Nord», del tutto superflua risultava la stipulazione di un  contratto
di donazione che obbligasse  anche  sotto  il  profilo  giuridico  il
Divina a versare mensilmente, per i successivi cinque anni, la  somma
di € 2.416,67; 
    anzi, a ben vedere, il contratto stipulato da Divina Sergio ed il
partito «Lega Nord» era diretto a realizzare uno scopo diametralmente
opposto  a   quello,   essenziale   alla   causa   della   donazione,
dell'attribuzione  di  un  vantaggio  patrimoniale  per  spirito   di
liberalita'; 
    infatti, ipotizzando la persistenza dello spirito di  liberalita'
durante l'intero quinquennio, non era certo necessario costituire  in
capo al donante una serie di obblighi di natura giuridica aventi  per
oggetto il pagamento mensile di somme di denaro in favore del partito
Lega Nord; 
    di contro, proprio ipotizzando,  al  contrario,  il  venir  meno,
durante lo stesso  quinquennio,  dello  spirito  di  liberalita'  dei
parlamentare,  la  precostituzione,  attraverso   il   contratto   di
(apparente) donazione, di  obbligazioni  a  suo  carico  si  rivelava
assolutamente utile al partito «Lega Nord», il quale cosi'  acquisiva
diritto di agire in giudizio per  la  condanna  del  parlamentare  al
pagamento delle somme pattuite. 
    In definitiva le somme versate da  Divina  Sergio  a  favore  del
partito Lega Nord, in attuazione del contratto di donazione stipulato
in data 7 marzo 2008,  non  possono  essere  considerate  «erogazioni
liberali» secondo l'accezione ex art. 15, comma  1-bis,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 917/1986. 
Sulla non manifesta infondatezza. 
    L'art. 67 Cost. dispone: «Ogni membro del Parlamento  rappresenta
la Nazione esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». 
    Secondo consolidati orientamenti (Corte cost. 4 luglio  1977,  n.
125; Corte  cost.  7  marzo  1964,  n.  14)  il  divieto  di  mandato
imperativo persegue la finalita' di garantire l'assoluta indipendenza
dei membri del Parlamento da influenza, da qualunque  parte  provenga
(quindi anche dai partiti politici di appartenenza che  costituiscono
una sorta di organo intermedio,  previsto  dall'art.  49  Cost.,  tra
popolo e rappresentanti), suscettibile, come ha osservato  autorevole
dottrina,    «di    compromettere    l'esercizio    della    funzione
equilibratrice, di composizione e sintesi degli  interessi  sezionali
nel modo che meglio si adegui all'interesse generale»; 
    infatti il rapporto rappresentativo che si instaura tra i  membri
del Parlamento,  da  un  lato,  e  gli  elettori  nonche'  i  partiti
politici,  dall'altro,   non   e'   riconducibile   al   tipo   della
«rappresentanza di volonta'» in quanto gli eletti  sono  titolari  di
poteri loro  attribuiti  in  proprio  conferite  e  da  nessun  altro
esercitabili. 
    La norma oggetto dello scrutinio richiesto (art. 11, comma 4-bis,
decreto-legge n. 149/2013), consentendo la detraibilita' dall'imposta
sui redditi di una quota delle erogazioni  in  denaro  a  favore  dei
partiti politici anche se effettuati da membri del Parlamento e senza
la necessaria presenza dello spirito di  liberalita'  (come,  invece,
richiesto dalla norma generale ex art. 15, comma 1-bis,  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  917/1986),  presuppone  ed,  anzi,
favorisce l'instaurazione di rapporti  giuridici  di  credito  tra  i
partiti politici ed i membri del Parlamento (come in effetti accaduto
nel caso esaminato nel presente  giudizio  a  quo).  Tale  evenienza,
tuttavia,   costituisce   fonte    di    possibili    condizionamenti
dell'indipendenza  del  parlamentare  nell'espletamento   delle   sue
funzioni,  con  conseguente  violazione  del   divieto   di   mandato
imperativo ex art. 67 Cost.: 
        l'esistenza a carico del parlamentare  di  debiti  di  natura
giuridica nei confronti di un partito politico,  con  la  conseguente
responsabilita' patrimoniale di natura personale e  l'assoggettamento
a possibili azioni di esecuzione forzata, introduce  nelle  relazioni
tra parlamentare e partito politico fattori potenzialmente distorsivi
in quanto estranei al rapporto rappresentativo; 
    inoltre il fatto di trovarsi vincolato per l'intera durata  della
legislatura  ad  un  obbligo  di  pagamento  mensile  di  una   somma
predeterminata puo' indurre il parlamentare ad una  fedelta'  forzata
verso il  partito  politico  creditore,  dissuadendolo  dal  compiere
scelte diverse nel corso dell'espletamento del suo mandato, dato che,
in caso contrario si troverebbe nella situazione paradossale di dover
sostenere finanziariamente  un  partito  politico  dal  quale  si  e'
dissociato. 
    La norma oggetto dello scrutinio richiesto appare,  altresi',  in
contrasto con il precetto costituzionale ex art. 3, comma  1  laddove
consente indiscriminatamente a chiunque di detrarre dall'imposta  sui
redditi una quota delle erogazioni  in  favore  di  partiti  politici
effettuate senza spirito di liberalita' e  quindi  in  esecuzione  di
obblighi giuridici, omettendo di considerare la peculiare  situazione
in cui versano, per effetto del  divieto  di  mandato  imperativo,  i
membri del Parlamento e ponendosi cosi in  un  rapporto  di  evidente
antinomia con  lo  status  del  parlamentare  delineato  dalla  Carta
costituzionale ed in particolare con il precetto ex art. 67 che,  nel
caso in esame, funge da tertium comparationis e la cui ratio consiste
nella garanzia dell'assoluta indipendenza dei membri  del  Parlamento
da qualsiasi influenza, da qualunque parte provenga; 
    si configura cosi' la possibilita' di una manipolazione  «a  rime
obbligate» della norma impugnata nei termini indicati nella questione
oggetto della presente rimessione; 
    cio' e' ancora piu' vero se  si  considera  che,  alla  luce  dei
lavori  parlamentari,  la  norma  ex  art.  11,  comma  4-bis   venne
introdotta in sede  di  conversione  del  decreto-legge  n.  149/2013
verosimilmente in riferimento alla vicenda di cui la controversia  in
esame  e'  una  delle  espressioni  (si  veda   l'emendamento   11.19
presentato dai senatori Calderoli e Bisinella del gruppo Lega Nord  e
Autonomie nella seduta del 29 gennaio 2014 nonche' la coincidenza tra
l'efficacia retroattiva della norma - «a partire dall'anno di imposta
2007» - ed il tempo a disposizione  dell'Amministrazione  finanziaria
per l'esercizio del potere di accertamento entro il termine  ex  art.
43, comma 1, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), il  che  fa  dubitare
persino degli effettivi caratteri di generalita' ed astrattezza della
norma impugnata (altro significativo  sintomo  della  violazione  del
precetto ex art. 3, comma 1).